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Dialogo col Manichino
ARTE COME NECESSITA'
CULTURA




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1968 20–9–1968 (copiato esattamente come lo scrissi nel 1968) ArtelencoOK Continuo a pensare cose assurde fantasticherie, che per me sono una realtà, vorrei potere queste cose raccontarle a qualcuno, a un qualcuno che mi capisca, che creda in quello che dico come io ci credo. Certo a volte dico cose che neppure io so spiegarmi come faccia a dirle ma sono cose in cui credo, sono cose a cui penso giorni e giorni e che poi vorrei dire, ma a chi forse a te potrei dirle, sono sicuro che tu riusciresti a capirmi, sono sicuro che sono cose che forse anche tu sogni. Tu, chi sei. Forse un fantasma fino a ieri ma oggi una realtà. Ecco una di quelle cose che prende nome e forma dopo molto tempo da quando io già l'avevo concepita nella mia mente. Si prende nome e forma. Il nome è il tuo. Forse un giorno non lontano ti farò leggere queste parole, allora capirai cosa sei, come io ti vedevo, dal primo momento in cui hai cominciato ad avere forma e nome, una ragazza con cui poter parlare liberamente di tutto quello che ho dentro, una ragazza che sappia capire ciò che le dico, una ragazza come te, di cui non saprei mai dare una definizione se non nel mio io, in subbuglio per cancellarti, tu subito mi avevi rovinato tutto, avevi detto che non ti saresti mai affezionata a nessuno, io già mi ero affezionato di te, come fartelo capire, se tu non lo volevi nemmeno io lo dovevo volere, di ogni tua parola avrei voluto farne la mia. Una tua lettera mi ha indotto a scrivere per avere un ricordo tangibile di te, anche se già eri incancellabile nella mia mente. Si una tua lettera, mi dici che sono il tuo più caro amico, il più bel complimento che mai avrei potuto ricevere da te, mi fai partecipare d'un tuo pensiero che da molto era il mio. Di queste cose non ti saprei mai parlare, spero solo un giorno di riuscire ad avere il coraggio di farti leggere queste mie parole, allora solo riuscirai a capire quanto sii per me. Da moltissimo tempo cercavo una ragazza come te, ero sicuro di trovarla, ora finalmente credo di averla trovata, non vorrei troncare la nostra amicizia per nessun motivo, vorrei che durasse sempre, io continuo a sperarlo, forse se ti capiterà di sentire o leggere queste parole ti sembreranno un pò pazze ma forse un pò pazzo dentro di me lo sono. Io ho la pretesa che tu non ti scordi mai di me come io so che non scorderò mai il tuo nome –AMICIZIA– un nome che vorrei chiamare in ogni momento della giornata. Ti sembrerà stupido sentimentalismo ma è così, si vorrei fosse un nome che solo io potessi pronunciare e nessun altro tanto mi è caro, vorrei fosse un nome che tutti potessero leggere nei miei occhi, e tutti fossero felici come me qua


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di Cd Taverna: (pubblicato la prima volta a pg.10 di Romagna sera n.30 del 19 giugno 1987 Vol. VI): "E' più facile distruggere una cultura che farla rinascere" (Tacito).Perché si vuole una crisi dell'arte?Non esiste crisi dell'arte, l'arte ? viva e vegeta, cerca anzi dove e come dare la sua partecipazione al concerto dei valori umani. Nonostante vi siano, pittori, che non dipingono, scultori che non scolpiscono, scrittori che non scrivono, hanno cessato di creare. Lanciano dalle loro tribune grida e appelli formulati con altisonanti paroloni, che proclamano la crisi dell'arte; proponendo con chiasso l'esigenza di un'arte che sia il linguaggio delle politiche o delle religioni. Necessariamente si deve affermare -questi signori ignorano i fatti dell'arte, non utilitaristici problemi, quanto remunerativi- semplicemente dichiarando che l'arte è la manifestazione dello spirito umano come creazione sensibile e come contatto del materie (parole, forme, suoni, colori) con le potenze creatrici che fermentano e risiedono nell'essere umano. L'arte richiede, oltre che ad essere creata, l'intervento da parte di chi la riceve (comunicazione), partecipandone, intervento e partecipazione dal profondo della coscienza. L'arte può unire tutti, l'umanità stessa, se la sua concezione non fosse così deformata. Secondo tale concezione, l'arte dovrebbe essere un piacere fornito da oggetti di particolare natura (quadri, statue, disegni, stampe), con unica destinazione quella di decorare la vita, di riempire il tempo, per alcuni di riempire il vuoto delle anime e allo stesso tempo quello delle stanze e della borsa. L'uomo e la donna semicolti, semi intelligenti fuggono il silenzio e il colloquio con se stessi, l'arte che era, in loro, potenza latente ? divenuta oggetto esteriore prodotto da altri e che viene egoisticamente usato. Come si può avere comunicazione, ed allora si dà la colpa all'arte, si parla di crisi. Si accetta troppo facilmente, di essere condotti da altri, qualunque siano questi altri e questi altri si sà usano l'arte per rinserrarci nei loro postulati imperativi. L'arte pertanto viene ridotta quale arma o strumento nelle mani di dominatori di uomini e borse. Neppure questa ? innovazione, altre volte ? accaduto che i potenti siano ricorsi all'arte e agli artisti, con l'unico intento di imporre le loro dottrine. Avventura o disavventura per l'arte, in ogni caso non ? questo il suo destino. E' finito il tempo nel quale si disegnava col casalingo pezzo di carbone, oggi quante occasioni ha ognuno per esteriorizzare il proprio gusto per l'arte. Grandi o minuscoli che siano questi artisti vengono ad accrescere il numero enorme di produttori, che non hanno impiego o mercato (verrà il tempo nel quale la pittura si regalerà come fece C?zanne, poiché sarà comune come la parola). A causa di queste distorsioni non si sˆ come dipingere o cosa dipingere, come vivere con la pittura (o con le altre manifestazioni dell'arte). Alla produzione artistica manca una naturale destinazione, manca il suo modo di vivere. Questi fenomeni possono essere chiamati crisi, ma non crisi dell'arte, bensì crisi sociale o di coscienza se vogliamo, ma ciò non riguarda l'arte, poiché essa resta comunque fenomeno inviolabile e personale, il pittore come sempre dipinge perché deve farlo, tale forza (dover fare), nell'essere umano può aprire alle arti campi illimitati. L'arte non è più sepolta nelle tombe, il libro con pochi soldi può entrare in qualsiasi scaffale e la musica è a disposizione di tutti, l'uomo ha finalmente la possibilità di essere un centro pensante come non mai. Abbiamo quindi semmai una crisi della corporazione (ipotetica), in quanto la qualifica di artista non designa coloro che realizzano la missione dell'arte. L'arte è divenuta unicamente un mezzo di piacere o stimolo sensuale, ovvero strumento di dominio, quindi una crisi per le strade fatte erroneamente intraprendere dalle confuse definizioni dell'arte, vi è altresì crisi, per il mancato incontro, o la mancata sintesi delle arti, ma proprio per questo, la presenza dell'arte è apertura e sfondamento di porte ed orizzonti, unica via per le immense potenze latenti dello spirito umano unica manifestazione a difesa della libertà di sapere e di esprimere. Ê 950520 Andrea Degidi servizio su sei colonne, tratto da: Il Resto del Carlino di sabato 20 maggio 1995. Il titolo: Il profeta 'Cyber art' sottotitolo: "C.D." Taverna plasma codici e numeri in immagini 'Il computer è una mia espansione'. Ai Confini Tra Creatività e Tecnologia. Didascalia della fotografia: Claudio Davide Taverna (in arte Cd) accanto ad una delle sue più singolari creazioni: la poltrona cibernetica. Si tratta di una complessa trasposizione delle elaborazioni al computer in forme e colori che ovviamente hanno ben poco a che fare col concetto tradizionale di poltrona. Ma l'arte non si discute, tanto pi? se è cyber art. Taverna l'ha recentemente esposta anche a Londra. L'occhiello: Piemontese d'origine, si è fermato a Forlì nel 1986. Lancia ora l'"Hypermanifesto" per tornare alla natura attraverso l'informatica. "La Cyberart è un ponte fra l'uomo del passato e quello del futuro", parola di Cd Taverna, artista-creativo piemontese fermatosi casualmente a Forlì dal 1986 e da allora mai pi? ripartito. "Cd" alias Claudio Davide Taverna, ha quarantasei anni, una folta barba che gli incornicia il viso e un cervello in perenne eruzione d' idee. Arte, scrittura, filosofia, scenografia, fotografia e pittura. Questi sono alcuni dei settori in cui si cimenta da anni, cioZˇ dal 1968 quando ad un tratto si ritrovò proiettato dalla tranquilla vita della sua Alessandria al caos creativo di Milano, dove si era iscritto al corso di Filosofia con indirizzo estetico presso l'Università Cattolica. L'ansia di sperimentare l'ha divorato fin da allora, portandolo a risultati lusinghieri nel campo dell'arte. "Mi Zˇ sempre piaciuto dar sfogo alla mia creatività, confessa compiaciuto nella sua casa studio di Forl“, un vero e proprio "covo" in stile Archimede Pitagorico per le sue incursioni artistiche che ancor oggi riportano Milano nella sua vita. "Vivo a Forl“ dall'86 -racconta-, ma le ragioni che mi portarono qui sono alquanto singolari. Venivo da Milano in camper con mia moglie e mi stavo dirigendo a Roma, per vedere una mostra. Purtroppo incappammo in una nevicata sensazionale che ci costrinse ad un inaspettato stop. La città ci piacque così tanto che ci fermammo una settimana, e dopo decidemmo di stabilirci qui". Una cittˆ diversa dal solito, lontana mille miglia dal caos di Milano; ricca di calore umano, ma deficitaria nel versante dell'avanguardia culturale. Ecco cosa trovò in Forlì Cd Taverna; una città ideale per vivere e rigurgitante di stimoli culturali. Tutti stimoli, potremmo definirli in-put sapientemente metabolizzati dall'autore piemontese, basta guardarsi intorno nella sua dimora per rendersene conto. In ogni angolo sono appese tele e quadri che incarnano alla perfezione l'ansia di sperimentazione di Taverna. Vicino ad una parete c'é una sedia, ma attenzione. Non una sedia come tutte le altre. Si dinoccola lungo lo scheletro di legno nella sua eccentricità, e potremmo dire che il colore dominante è il beige se non pensassimo quasi di fare un torto agli altri infiniti toni che tinteggiano questa creatura che lo stesso Taverna espose qualche tempo fa in una mostra a Londra. Adesso l'ultima trovata dell'artista Zˇ legata al computer, infatti una mentalitˆ e all'avanguardia come la sua non poteva non trovare sfogo nel mondo dell'informatica: "Fin dal 1991 decisi di servirmi del computer come strumento amplificatore della mia attivitˆ. E scoprii un mondo incredibile". Da un paio di anni infatti Taverna sta portando avanti il suo ultimo progetto, battezzato Hypermanifesto. Che cos'é? E' una specie di dizionario virtuale in grado di far accedere tutti, ma veramente tutti alla realtˆ del computer, dimostrando cos“ come questo mondo non sia poi cos“ fantascientifico come sembra. "Lo scopo -spiega- Zˇ quello di trasformare numeri, simboli e codici in immagini, e di farlo con grande immediatezza". Un Hypermanifesto che Zˇ l'emblema di quello che Taverna chiama Cyberart, intesa come opera votata ad un ritorno all'immediatezza per spiegare con poche immagini le sensazioni per descrivere le quali occorrerebbero mille e mille parole. Ê 840300 Virginio Caniggia: scrive in: La Provincia di Alessandria n. 9/3 anno XXXI Marzo Giugno 1984, Rivista Dell'Amministrazione Provinciale edizione dei 30 anni a pg. 160: C. Davide Taverna rigorosa ricerca dell'identitˆ dell'uomo. Palazzo Guasco, con il patrocinio della Provincia di Alessandria, nell'ambito della attivitˆ promozionale dell'Assessorato Cultura, ha ospitato la mostra del giovane artista alessandrino Claudio Davide Taverna. Il Presidente della Provincia Angelo Rossa, con le Autoritˆ civili e militari, ha inaugurato la mostra e si Zˇ intrattenuto in un simpatico dialogo con l'artista, attento a quelle che sono le problematiche culturali e artistiche del momento. "Pur essendo alla presenza di un giovane -ha detto Rossa- mi compiaccio dell'impegno estremamente maturo, che manifestano le sue opere, al cospetto delle quali, ho provato inquietudine ed allo stesso tempo una sensazione di serenitˆ". "Questo Zˇ esattamente lo stato di vita nel quale stiamo lottando -ha risposto Taverna- ed il mio intento Zˇ quello di individuare le cause del nostro malessere che ricerco nel pi? dell'uomo, e manifestando questi stati ricerco la possibilitˆ d'essere ci˜ che dovremmo essere, secondo una naturale evoluzione". "Le sue ultime opere -ha aggiunto Rossa- si avvalgono di una tecnica che dˆ il senso di desolazione dal quale cerchiamo di uscire, e traspare dalle stesse una carica creativa che le permetterˆ indubbiamente di percorrere quell'ardua strada, che ci auguriamo tutti la possa portare a quei traguardi che son certo si meriterˆ. Naturalmente questo augurio lo faccio con l'orgoglio ed il piacere di vedere che un concittadino, giˆ operante fuori della propria cittˆ possa portare sempre pi? in alto il proprio nome e quello della nostra cittˆ". "Voglio ringraziare -ha detto Taverna- l'Amministrazione Provinciale che mi ha dato la possibilitˆ di far conoscere le mie opere alla cittˆ nella quale sono nato, e che mi auguro di continuare ad onorare". Le opere esposte, soggetto del dialogo, quasi fossero chiamate in causa, sono sembrate animarsi di quel sottile e spirituale animismo che pervade tutta la mostra, comprese quattro grandi lenzuola, come sudari, che al centro della sala manifestano particolari stati d'animo e sguardi tesi alla speranza. 830817 Alfredo Biondi: commento autografo alla personale di Cd Taverna tenuta ad Uscio (Recco) l'anno 1983: Se l'arte secondo Schopenauer Zˇ l'oggettivazione nella volontˆ Zˇ significativo che l'artista sia riuscito ad oggettizzare la coscienza che precede la volontˆ e che ne illumina le direttrici, che i dipinti recepiscono come sintesi plastica e cromatica di linee e di volumi legati ad un tema sempre elevato. 830817 Edda Montanari: commento autografo alla personale di Cd Taverna tenuta ad Uscio (Recco) l'anno 1983: Davide Taverna attraverso le sue opere, secondo il mio giudizio (non di critica d'arte -anche se giornalista- n'Zˇ di esperta, ma di ammiratrice), si rivela il "Gauguin" del Duemila" per le sue pennellate dagli ardenti colori solari, i cui reali, rabbiosi contrasti appaiono per˜ ad un occhio attento armoniosamente fusi in cromatiche sfumature. SicchZˇ la conflittuale violenza interiore dell'artista si rivela sulla tela con tocchi di una evanescente delicatezza. Il connaturale pessimismo di Taverna Zˇ mirabilmente fronteggiato dall'ottimismo; la tristezza dalla gioia; il tema del decadimento psico-fisico da una prorompente eterna giovinezza di spirito e di corpo. Nei suoi quadri s'infiltrano sempre un raggio di speranza e un guizzo di ribellione. Il tutto permeato di una filosofica meditazione. Insomma, un "Gauguin in frac", capace, con un magico tocco di pennello, di trasformare una tenebrosa chiazza in una tenerissima lacrima! 840518 GISETTE di Venerd“ 18 maggio 1984 a pag. 7: Claudio Davide Taverna Pittore "da strada". Alessandria - Palazzo Guasco ha ospitato, nei giorni scorsi, la personale del giovane artista alessandrino Claudio Davide Taverna. La mostra, patrocinata dall'Amministrazione Provinciale nell'ambito della politica promozionale promossa dall'Assessorato Cultura, ha registrato una larga partecipazione di pubblico che, per l'occasione, ha dimostrato interesse e particolari attenzioni alle proposte culturali e artistiche del giovane pittore. Alla mostra &egrtave; intervenuto il Presidente della Provincia di Alessandria, Angelo Rossa il quale, intrattenendosi con l'artista ha dato spazio ad un breve ma simpatico ed inusuale dialogo. "Pur essendo alla presenza di un giovane -ha detto Rossa- mi compiaccio dell'impegno estremamente maturo che manifestano le sue opere, al cospetto delle quali, non lo nascondo, ho provato un sincero senso di ammirazione". Dal canto suo Taverna ha ringraziato il Presidente e l'Amministrazione Provinciale per l'opportunitˆ concessagli. "Con questa mostra -ha cos“ sottolineato- ho avuto la possibilitˆ di far conoscere le mie opere alla cittˆ in cui sono nato e dove mi auguro di continuare ad operare per lungo tempo". "Le opere esposte -ha detto tra l'altro Giovanni Virginio Caniggia, presente all'inaugurazione- si avvalgono di una tecnica creativa che Zˇ indubbiamente importante per percorrere quell'ardua strada che porta alla celebrità". I soggetti presenti -ha poi terminato lo stesso Caniggia- da quel sottile e spirituale animismo che manifesta particolari stati d'animo e sguardi speranzosi dell'artista stesso". 851102 Carla Servi Vaccari: scheda di presentazione alla personale tenutasi a Bologna dal 2 al 15/11/1985 alla galleria L'Ariete coordinazione Selearte. Claudio Davide Taverna nasce ad Alessandria il 20/4/1950. Consegue l'abilitazione all'insegnamento di storia dell'arte all'Istituto d'Arte di Acqui Terme e frequenta l'accademia di Brera. Espone con ampi consensi sia di critica che di pubblico in diverse gallerie di Milano e di Ferrara. Presente alle rassegne internazionali di Londea, Madrid, Bari e Bologna. Osservando attentamente le opere dell'artista Zˇ possibile captare il suo discorso filosofico sull'uomo, tema principale dei suoi lavori, imperniato sul convincimento del suo vivere costantemente in antagonismo con se stesso e con gli altri, proteso nel tentativo di raggiungere una realtˆ inesistente. Emerge cos“ la formazione umanistica di Claudio Davide Taverna, capace di interpretare la realtà nel suo continuo divenire. Di lui hanno scritto: E.Oliva, R.Sanesi, E.Toso, G.Celli. PROGRAMMA ARTISTICO 1985/86 Personale Ariete Bologna (8511), Expo Arte Bari (8603), Artefiera Bologna (8604), ARTEXPO New York (8604), ARCO Madrid (8605), ICAF Londra (8605/06), ART '17 86 Basilea (8606). 750604 Il Mistero dell'Uomo da Il Resto del Carlino n.127 anno XXIII di mercoled“ 4 giugno 1975: Ferrara (Il Diamante) La ricerca dell'identitˆ dell'uomo Zˇ il tema di Davide Taverna che espone nella galleria Diamante a Ferrara. L'artista Zˇ dominato da questo obiettivo e scava nella sua sensibilitˆ artistica per darcene proposte diverse che siano di traccia a questa individuazione. L'elaborazione ha un fascino misterioso, come ad indicare che l'identitˆ dell'uomo Zˇ un mistero perchZˇ essa assume volti diversi e sempre enigmatici.


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di Guido Bonatti Tutti ne parlano e nessuno ci crede. La «cultura», viene utilizzata in modo egocentrico da individui che, si costruiscono micro-imperi , ove si sentono sovrani assoluti. Guai a chi si permette di proporre la propria candidatura ad una associazione culturale, magari con altre o nuove idee, così da poter creare sinergia. L'unica parola chiave ad avere un reale riscontro a «cultura» è «io». Per l’amore del dialogo non nomino i numerosi enti, gruppi o associazioni che si fregiano del termine «culturale», non risparmierei dall'analisi neppure le cooperative culturali. Desidero esporre quanto emerso, per comprendere il «fenomeno culturale» in loco. Il comune denominatore tra associazioni, gruppi od altro è dato dal termine «culturale» utilizzato come una maschera. O forse per utilità economico-politica. In molti casi è l'età che determina la possibilità di accedere ad associazioni o ad iniziative; da cui si deduce che la cultura è praticabile solo a determinate età, se si è nati o prima o dopo, si è letteralmente "fregati". Tutto può essere attuato prima dei 29 anni, e dopo? Molti con me si ricorderanno di quanti aspettavano i 21anni per divenire maggiorenni, e poi quando eri nell'anno eccoti "fregato", la maggiore età passava da 21 a 18 anni. Non avremmo mai avuto, e mai avremo la gioia di poter festeggiare la maggiore età. Così se hai più di 29anni, non puoi certo usufruire delle iniziative culturali per i giovani. Ma ci sono i circoli degli adulti (gli adulti sono la categoria più disgraziata, perchè non sono più giovani e non ancora anziani, non sono nessuno ), in questo caso è il reddito che determina la possibilità "d'uso". Alla luce di quanto esposto, la cultura è direttamente proporzionale all'età, ed indirettamente proporzionale al saldo di conto corrente ed alla possibilità del "rilancio". Tutti lo sanno e nessuno lo dice, anzi nessuno lo scrive; che lo dicono sono moltissimi. I nomi? A che scopo, chi lo racconta lo sa e quindi perchè dirlo io a Voi? In certi casi, nei più fortunati si arriva a parlare anche con il presidente, non della repubblica, del circolo o della associazione. Devi però far pervenire il tuo curriculum, spiegare, chiarire, offrirti. Passano alcuni mesi, l'attesa e poi telefoni ed educatamente chiedi: "Scusate, mi pare che vi interessaste alle mie proposte, e che ho avuto il piacere di esporre alla vostra direzione. Non ho saputo più nulla, come mai?" Ecco la risposta immediata: "Ci faremo vivi noi, non ti preoccupare", "scusi con chi ho parlato? "e ti viene dato un nome, sempre e solo un nome, nessuno usa il cognome, perchè? Non lo sapremo mai! Bene, passano i mesi ed aspetti, passa l'anno, poi un altro anno e l'associazione ha cambiato anche sede. Nulla chi accidenti sei per avere una risposta, magari anche maleducata, niente anche se hai fatto pervenire loro il frutto di anni di ricerche e studio, cosa vuoi che sia se ti sei messo a loro disposizione, se hai atteso tre mesi solo per parlare con il loro presidente, tanto tu chi sei, cosa vuoi, sei forse un finanziatore od una autorità accademica da loro conosciuta? NO! E allora? Altro indirizzo, altra attesa, altra relazione scritta ed ecco il giorno dell'INCONTRO: Sali le scale, aspetti lì di fronte alla porta sempre immancabilmente grigia. I libri sono pesanti, tu sei sudato, la gola è secca, tu ci credi, cosa non faresti per diffondere e promuovere cultura. Tutto si ripete immutabile. Altro indirizzo, altra attesa, altra relazione e tutto è invariato. Nessuno che abbia almeno la sfrontatezza di dire: "Non ci interessa niente, di te, delle tue idee, noi siamo i veri e soli depositari della cultura, vai via, vattene, via!". Ognuno ha il suo circolo ristretto, il suo "santone", ed il "Leader "da seguire, che bravi come lui non c'è nemmeno "Sgabanazza", a raccontare le barzellette; ma anche questa è cultura. Non fanno neppure eccezione, anche i più impegnati che pubblicano annunci del tipo: «collaborazione aperta a tutti, telefonare a...», nulla di diverso, nulla di aperto (forse la sottoscrizione ), anzi mi sento di scrivere che se esiste ancora un valore della "verginità", emerge proprio dove non dovrebbe; la sfera della cultura è intatta, immacolata, intoccata ed inconcepita (nel senso di nemmeno pensata ). Ma quante manifestazioni contrassegnate dal "marchio" cultura, dove per cultura si intende l'apparire culturale delle cose, l'estetica della cultura. Per dire "contadino", si può dire : zappivanghinografo, o cesellatore della zolla, non spaventiamoci dei termini, cerchiamo i contenuti, non è un "colto" che parla così, ma è sempre un cretino classista. Attenzione! Non proponete confronti, non mettete in discussione le idee degli altri, potreste essere accusati di pensare. Voi se siete veramente colti, o "coltivati" che dir si voglia, seguite la corrente, vi fregiate tra la gente che non conosce la cultura e piega il capo permettendovi, o colti depositari dei misteri culturali locali: di ricevere sovvenzioni, di promuovere cenoni, belle gite ed assurde pubblicazioni; unicamente per dare sfogo alle vostre repressioni. Alla faccia di chi con la schiena piegata, ed il capo chino guarda giustamente alla cultura come ad una grande ed immensa «FREGATURA». Ed allora desidero dire, a chi vede la cultura come una fregatura, che, ha ragione. Quanto viene contrabbandato come cultura è puramente «VANITA'». Esistono ancora degli idealisti, gente che crede alla cultura come sola possibilità di poter essere altruisti, onesti, educati. Questa la strada per aver la gioia di dare, amare, non solo la propria tasca. Cultura come «buono» non come «bello», come confronto e non discriminazione. Sostenere le proprie tesi non con il bastone o con lo zuccherino. Non credete a quanto scrivo? Per utilizzare la falsa cultura televisiva allora debbo dire:"Provare per credere". Chiedete come si entra in un gruppo, come partecipare ad una esposizione, ad una festa. Riflettete su quanto vi viene richiesto, a chi dovete rivolgervi, dove e quando? Chi lo saprà, avrà certamente frantumato un mito, avrà catturato «l'Araba Fenice». A che punto é la cultura a Forlì, dobbiamo provare a chiederlo tra un liscio, una piadina, ed una gara sportiva. Cosa accade oltre ai confini di «Porta Schiavonia?». In proposito scrive Giuliano Missirini nella sua Guida Raccontata di Forlì (IV edizione libreria Cappelli FO), alla pagina 11: «è il solo Cittadino (il Forlivese), del mondo che si ponga di fronte alla propria città con un'arricciata di naso che sta fra lo spregio e l'ingratitudine». Ora sarebbe troppo facile il sillogismo: "se non rispetta la propria città, come può rispettare la propria cultura?", ma anche se facile, potrebbe essere una verità, una verità che sottolineo con le parole d'un romagnolo colto: PELLEGRINO ARTUSI, aimè, sempre per motivi di cultura (di mancanza), considerato un cuoco, un esperto di cucina; egli fu invece meticoloso collezionista di momenti della memoria, di immagini del gusto, dell'odorato e del desiderato. La sua opera più nota è la memoria "presentista" (termine derivato dal movimento di pensiero, fondato dal Ravaglioli Annio dotto in Forlì), del suo tempo, una memoria che può trasmetterci l'emozione sua, presente nella nostra vita. Un compositore di ricette, non inserirebbe tra le ricette note come questa: Si racconta che una gamberessa, rimproverando un giorno la sua figliuola, le diceva: «Mio Dio, come vai torta! non puoi camminare diritta?». «E voi, mamma, come camminate?» rispose la figliuola. «Posso andar diritta quando qui, tutti vedo che vanno storti?». La figliuola aveva ragione. (tratto dalla ricetta 82 della Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene dell'Artusi). Possiamo camminare diritti, quando tutti vanno torti? Quale fra le associazioni o circoli culturali vanno dritti? O tutti continuano ad andare torti? Solo la personale esperienza potrà determinarlo.


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